Facebook Spaces: ai confini della realtà (virtuale)

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Negli ultimi giorni si è sentito molto parlare della presentazione della punta di diamante del gruppo Facebook, ovvero un’app che sarà in grado di trovare un connubio tra realtà virtuale e realtà aumentata, tramite l’uso di visori come Oculus Rift: si chiama “Spaces”, ed è disponibile da una decina di giorni in versione beta su Oculus store, anche se si prospetta una futura versione anche per chi dispone di altri visori.

Vediamo in breve le funzionalità dell’app: creando un proprio avatar, che è possibile personalizzare anche secondo le proprie foto di Facebook, si può interagire con lo spazio virtuale circostante, facendo disegni, scattando foto o videochiamando -tramite Facebook Messenger- anche utenti che non dispongono di un visore. Lo scopo è quindi quello di creare uno spazio virtuale dove incontrarsi con i propri amici come se ci si trovasse nella stessa stanza, riuscendo anche ad interagire. Si può quindi paragonare l’app ad una sorta di Second Life in cui i visori permettono un’interazione sensoriale di maggior portata. Nel video di presentazione, si vedono infatti i diversi protagonisti indossare degli Oculus Rift, mentre fanno programmi per il fine settimana, condividendo video, cartine e foto tra di loro.

Il trailer di presentazione fornisce degli spunti interessanti di riflessione: esiste un confine tra la realtà e quella aumentata che si sta venendo a creare? E, soprattutto, se e quando è lecito “varcare la soglia”? Di sicuro, il progetto portato avanti dal CEO di Facebook ha una portata enorme, perché di fatto costituisce la prima app di interazione tra i possessori di questi visori; c’è anche da dire che una vista più a lungo termine dell’uso di questa app è quantomeno discutibile. Si può parlare in primis di problemi di tipo sociale: quanto contano le interazioni sociali reali rispetto a quelle virtuali? L’impatto che hanno i social network nella vita di tutti i giorni è sicuramente evidente: molti comici scherniscono il comportamento dei cosiddetti Millenials, quando invece i rapporti sociali, le interazioni tra persone nella realtà fisica, sono drasticamente cambiate, e per alcuni versi in peggio. Alzi la mano chi scatta una foto, e ha subito l’impulso di mettere la foto su social network come Facebook, controllando periodicamente se qualcuno degli amici clicca “Mi piace” o “reagisce” al post. Fatto? Alzi la mano chi invece ha stampato negli ultimi 6 mesi le foto delle proprie vacanze, organizzando una cena con gli amici per condividerle. Niente?

Le domande che sorgono spontanee sono quindi quelle che vogliono valutare l’utilità di un’applicazione di questo tipo, nonché l’effettiva positività dei suoi effetti a lungo termine. Un’app del genere ha chiaramente stravolto quello che è il confine tra la realtà fisica e quella virtuale che, secondo le volontà di Zuckerberg, andrà fondendosi, per migliorare la qualità del lato fisico. Un esempio delle conseguenze, positive e negative, che potrebbero arrivare con tecnologie quali Spaces, vengono esaminate in alcune delle puntate di Black Mirror, serie britannica che tramite la distopia e la fantascienza, studia i possibili scenari dove la tecnologia ha un ruolo critico nella vita di tutti i giorni. In particolare, Spaces ricorda molto la puntata “Fifteen million merits”, dove i personaggi non hanno una vita reale, non sanno rapportarsi gli uni con gli altri – se non in modo estremamente primitivo- e non hanno contatti, per cui sono costretti a interagire tramite avatar, che possono compiere azioni in base ai “merits” guadagnati pedalando. Ora, è semplice capire che la storia sia portata ai limiti dell’assurdo -o forse no, ne riparleremo tra qualche anno-; però, rende chiara la tendenza verso l’inversione dei ruoli tra uomo e macchina, dove la tecnologia non è più lo strumento, perché è l’uomo ad assumerne la carica, e nel contempo si vuole sicuramente rendere più evidenti le vere implicazioni della diffusione tecnologica, che nel quotidiano sfuggono.

La conclusione a cui si vuole arrivare dopo aver posto certi quesiti, e alcune riflessioni, è quella di valutare le varie innovazioni e accoglierle sì, con entusiasmo, ma mantenendo uno sguardo critico e maggiormente consapevole, sul come far sì che la linea che definisce la realtà dalla finzione resti ben precisata. In fondo, quel che bisogna ricordare, è che la tecnologia ha un ruolo neutro nella vita di tutti i giorni, ed è la capacità di scegliere dell’uomo -per ora- che può renderla uno strumento potente, come uno strumento con risvolti negativi.

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